Richiesta d’aiuto ignorata del sindaco dell’Aquila a Silvio Berlusconi 5 giorni prima del sisma: «qui è già emergenza»

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«Un telegramma in cui il Comune dell’Aquila cinque giorni prima del terremoto del 6 aprile, chiede aiuto. Destinatari: la presidenza del Consiglio dei ministri (dipartimento della Protezione civile), il governatore della regione Abruzzo Gianni Chiodi, l’assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati e la Prefettura. A darne notizia è ‘La Repubblica‘, che ha riportato il testo del telegramma recuperato tra le macerie degli uffici comunali».  E dov’erano i destinatari del telegramma? Stavano già preparando i fazzoletti per aspergersi le lacrime in pubblico in vista dell’annunciata tragedia? Cos’hanno risposto?
I palazzi crollati, l’ospedale, erano costruiti male? I materiali erano scadenti? Berlusconi ci tiene ad insabbiare tutto, che non si sappia di chi è davvero la colpa: “Per favore non perdiamo tempo, cerchiamo di impiegarlo sulla ricostruzione e non dietro a cose che ormai sono accadute”, dice, e incalza: “per favore non riempiamo le pagine dei giornali di inchieste. Quando ci sono questi eventi c’è chi si rimbocca le maniche e chi invece si prodiga a ricercare responsabilità. Io sono diverso, non è nel mio dna. E poi, per indicare responsabilità ci devono essere prove consistenti”. Impossibile non chiedersi se il premier ha qualcuno da proteggere. Forse sé stesso o suoi ottimi amici? Lui è diverso, certo, lui ha sempre pescato nel torbido e vede la giustizia e la legalità come due serie minacce alla sua politica truffaldina e ai suoi metodi da corrotto e corruttore. Perché i genitori dei ragazzi morti nella casa dello studente dovrebbero sapere di chi è la colpa? L’importante in Italia non è amministrare la giustizia ma pavoneggiarsi davanti alle telecamere dalle zone terremotate ostentando cordoglio. Gli italiani hanno messo la volpe a guardia del pollaio e ora devono rassegnarsi. Occorre ricostruire, ricostruire in fretta, ricostruire male, ricostruire con materiali di serie C, spartendo gli appalti tra i soliti amici degli amici, dividendosi le mazzette fino al prossimo crollo, al prossimo terremoto, nel quale piangere lacrime di cipolla. Noi abruzzesi siamo schifati a morte. Chiediamo giustizia, per noi ma soprattutto per chi non c’è più.

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