Una vita per il giornalismo: intervista a Pierino Di Eugenio, direttore dell’Eco di San Gabriele. La rivista compie 100 anni, benché non li dimostri

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Quando ci incontriamo per la nostra intervista è già nel suo ufficio al lavoro, il primo ad arrivare, come ogni giorno, l’ultimo a lasciare la redazione, dopo aver supervisionato sapientemente ogni dettaglio. E come potrebbe essere diversamente? Sto parlando di Pierino Di Eugenio, apprezzato e infaticabile direttore dell’Eco di San Gabriele, il quale non a caso è stato insignito, nel 2010, del premio giornalistico L’Aquila Zirè d’Oro, istituito in memoria dello storico direttore di Avvenire Angelo Narducci. La motivazione del premio recita così: “Alla guida di una rivista che è la più diffusa in Abruzzo e tra le più diffuse in Italia, ha saputo imprimere alla sua direzione concretezza e competenza, dimostrando come sia possibile, ancora oggi, un giornalismo etico non disgiunto dai fatti e dalla verità, punto di riferimento per molti lettori in Italia e all’estero”. Non occorre essere degli esperti per constatare quanto tutto questo sia vero, specie prendendo in mano una copia della rivista e sfogliandola: di antico conserva solo il nome, per il resto risulta totalmente rinnovata e arricchita, avendo esteso i suoi orizzonti ben oltre quelli geografici, benché maestosi, che ospitano la sua sede, ai piedi del Gran Sasso d’Italia.

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D L’Eco di San Gabriele quest’anno compie 100 anni, un anniversario importante, che tiratura ha questa rivista e in quanti paesi è letta?
R La domanda è interessante, la tiratura è di circa 130.000 abbonati ed è diffusa in tutto mondo. Anche in Italia non esiste una provincia in cui non arrivi, ovviamente in quella di Teramo percentualmente abbiamo più lettori.

D Da quanto tempo è alla direzione dell’Eco e quale pensa sia stato il suo apporto personale nell’evoluzione, a mio vedere molto positiva, che la rivista ha subito negli ultimi tempi?
R Sono direttore dal 2003, inizia ad essere anche un po’ troppo…Un mio predecessore diceva che un buon direttore dura due anni, quindi sono un fuoriserie. Collaboro all’Eco comunque da moltissimi anni. Quanto al mio contributo penso stia più agli altri giudicare che non a me, certo i riscontri sono molto positivi. Arrivano continuamente delle testimonianze e attestati di gradimento, anche rispetto al restyling che abbiamo fatto recentemente, molto apprezzato.

D Che cosa significa essere direttore di un periodico tanto letto e quali sono concretamente i suoi impegni lavorativi all’interno di una giornata tipo?
R Significa avere la responsabilità principale, rischiare di persona, se qualcosa non va per il suo verso diciamo che il direttore è il primo ad andare in galera…(sorride) Quanto alla giornata tipo si deve fare un po’ di tutto, soprattutto in redazioni così ridotte come questa, praticamente tutto passa sotto la revisione, l’O.K., l’approvazione del direttore e il direttore si interessa di ogni cosa, dallo stile, alla correzione di bozze, fino alla collaborazione con il grafico, con il redattore capo, riguardo al timone (il complesso, in forma schematica, delle pagine previste per il giornale. Comprende anche gli spazi destinati alla pubblicità e ai redazionali ndr) la scaletta. Quindi è una giornata piena, benché il direttore sia libero di entrare e uscire quando vuole, di arrivare dopo e uscire prima, abitualmente arriva prima dei suoi collaboratori ed esce dopo la chiusura.

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D Conoscendola non mi sorprende. Direttore mi dica, quanta parte ha la sua opinione nella scelta dei temi da trattare, delle persone da intervistare e dei personaggi di copertina?
R Questo è un lavoro che si fa in equipe, soprattutto con il capo redattore, si studia insieme, si osserva…Essendo una rivista di attualità naturalmente si va a mirare sempre su di essa, trattandosi di un mensile poi occorre stare un po’ con le orecchie ben aperte perché abbiamo dei tempi differenti da quelli di un quotidiano che può arrivare immediatamente sulla notizia, bisogna ovviamente studiare quei temi di interesse che siano abbastanza attuali, avrai visto ad esempio l’ultimo numero con l’intervista all’astrofisica Margherita Hack, in occasione del suo novantesimo compleanno, poiché andavamo verso l’estate poi non potevamo scegliere un’intervista di ampio respiro sulla politica perché troppo in evoluzione, naturalmente vanno studiati i problemi in modo da essere attuali senza però essere sorpassati dagli eventi.

D Sceglie lei i suoi collaboratori e se sì in base a quali criteri?
R Naturalmente i collaboratori li sceglie il direttore, certo talvolta l’editore ha fatto, può fare, qualche rimostranza, ma il direttore ha risposto che la responsabilità è propria. L’editore può sollevare il direttore ma non impedirgli di scegliere liberamente un collaboratore. Sui collaboratori giudica il direttore, pur ascoltando pareri diversi, senza dispotismi o intransigenze, ma l’ultima responsabilità è del direttore. Uno dei criteri di scelta è che il collaboratore risponda ai fini ispiratori della rivista, guardando in prima battuta alla qualità del collaboratore stesso, rispettando le sue opinioni, che non vengono mai censurate, però naturalmente non si possono scegliere degli oppositori. Le opinioni sono opinioni, specie nelle interviste. Il virgolettato è opinione dell’intervistato, ovviamente, non è detto che corrisponda alla linea di pensiero dell’intervistatore né che tale opinione sia condivisa dalla rivista. Le opinioni sono varie, il mondo è bello perché è vario.

D E’ mai capitato che qualche articolo venisse respinto? Che a qualcuno venga detto che il suo pezzo è sbagliato?
R No, questo no, non è mai successo, nel corpo redazionale c’è intesa perfetta con i collaboratori, capita di doverli difendere anche da critiche talora forti. Se si riferisce invece ad articoli che arrivano da parte di lettori, che vorrebbero vederli pubblicati, in questo caso sì. Ne pervengono tanti, in tanti chiedono di collaborare, mandano articoli. Abitualmente questi vengono cestinati perché essendo una rivista con una sua storia esistono collaborazioni oramai consolidate, che coprono tutti gli aspetti, i temi. Magari esistono tante persone molto più capaci, molto più dotate, però una volta assunto un collaboratore non puoi il giorno dopo licenziarlo dicendogli: “scusa sai, ma ho trovato uno migliore di te”…Non si fa

D Qual’è a suo giudizio l’aspetto meno piacevole del suo lavoro e quale, al contrario, il più entusiasmante?
R Di solito è la routine che diventa un po’ pesante, un po’ scocciante, fare quei ritocchi agli articoli, rivederli, che è facoltà del direttore, talora diventa un tantino stressante poiché ripetitivo. Invece fare un’intervista o rilasciare un’intervista (sorride ndr), scrivere…Un direttore di rivista dovrebbe amare la penna, lo scrivere. A me piace scrivere e mi piacerebbe avere più tempo per scrivere anziché rivedere gli scritti.

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D Lei infatti alterna questo lavoro ad altri tipi di scrittura, ha curato una biografia di San Gabriele e un’edizione delle lettere personali di San Gabriele, immagino si sia trattato di un lavoro impegnativo.
R Sì, infatti, il profilo di San Gabriele che ho scritto è molto molto apprezzato, è arrivato ormai alla settima edizione, qualche mese fa la settima edizione è stata anche ristampata.

D Dirigere l’Eco l’avrà condotta a conoscere innumerevoli persone e personaggi. Chi l’ha colpita di più e perché?
R E’ un po’ complicato rispondere a questa domanda, perché ogni persona possiede qualcosa di unico. Dovessi scegliere ciò che mi viene in mente ora, in questo momento, direi che si tratta di un’intervista di un po’ di anni fa, era il 1997, non potrò mai dimenticarlo, era di questi tempi, in agosto, a Scarlett Von Wollenman, una cantante inglese che ha vinto vari premi, (un disco d’oro e il Festivalbar con Scialpi, nel 1988, con la canzone Pregherei ndr) poi ha avuto un incidente d’auto e ha perso l’uso delle gambe, (a metà degli novanta ndr) vive tuttora in carrozzella, a Londra. L’ho intervistata qui, venne e io l’accompagnai anche alla cripta, lì vide San Gabriele è mi disse: “ma io lui l’ho già visto”, ma era la prima volta che veniva qui. Tra l’altro scoprì con sorpresa di essere nata esattamente 100 anni dopo la morte del santo, avvenuta il 27 febbraio 1862, mentre lei è nata appunto il 27 febbraio del 1962. Mi disse anche “io tornerò qui”, ma non è riuscita ancora a farlo a causa delle sue condizioni di salute, è molto malata (è tetraplegica e paraplegica, totalmente immobilizzata dal collo in giù ndr). Venne qui insieme a Riccardo Cocciante, per uno spettacolo.

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D La sua formazione personale le è di aiuto nel suo mestiere di Direttore? Chi è in realtà Pierino Di Eugenio e quali sono le sue esperienze lavorative pregresse?
R Pierino Di Eugenio è un po’ sempre quello della barzelletta… (sorride) Il giornalista è uno molto curioso. La curiosità mi ha spinto un po’ anche a girare il mondo…Io mi fermo anche all’ingresso delle sale cinematografiche, mi fermo alle porte delle chiese, per vedere i volti della gente che esce, e mi serve molto questo…Perché mi domando: “cos’ha visto questa gente?” oppure: “che preghiera ha fatto questa gente?”. Io guardo, guardo, così come guardo girando il mondo. Sono stato a lungo in Inghilterra, dove ho anche studiato per un periodo, a Londra. Mi piaceva tanto guardare, girare, osservare. L’osservazione serve molto per capire la realtà, per capire la gente. Lo studio poi, serve. La conoscenza dell’inglese mi ha aiutato, anche. Ho insegnato  alle scuole superiori…Ricordo un’allieva in particolare alla quale piaceva tanto raccontare le dicerie del suo paese, Erano gli anni ’90, io ho una certa età. Si chiamava Isoletta. Una volta le dissi: “Isoletta, tienimi da parte gli appunti, quando andrò in pensione devo impiantarci un romanzo” (ridiamo). Devo ancora scriverlo, però, perché non sono ancora andato in pensione (sorride) Degli anni della scuola ricordo anche il crollo, “bum” lo svenimento di un’allieva agli esami di maturità. La conducemmo fuori dall’aula e io le dissi: “ti do io qualcosa che ti rimette subito a posto”. Le portai un bicchiere d’acqua con dell’Alka Seltzer, avevo capito che la sua era solo paura. “Questa”, le dissi, “ti rimette al mondo”…La riportai in aula e mi chiesero: “ma lei è anche medico?”, “no” dissi io, “per certe cose non serve il medico”.

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D Le confesso che starei qui ad ascoltare i suoi racconti fino a sera. Immagino che però lei abbia ben altro d’importante da fare. Un’ultima domanda allora: “Vorrebbe suggerire ai lettori de Il blog sono io una ragione per la quale varrebbe la pena di abbonarsi all’Eco di San Gabriele?
R Dunque se uno vuole una rivista di attualità rilassante, varia, che si può portare anche sulla sedia a sdraio, con la famiglia, dove trovare l’articolo per la persona istruita, ma anche ricette di cucina, la rubrica di inglese, lingua diventata indispensabile oggi, ma anche la rubrica di informatica, i devoti possono trovare articoli di interesse, anche su Youcat (il catechismo dei giovani di Benedetto XVI ndr), il commento alla bibbia, un po’ di tutto. Vi si trovano le opinioni, varie, le grandi interviste a volti noti, un editoriale affidato a persone competenti, espressione di opinioni di gente che sa il fatto suo. Nel numero che sta per uscire l’editoriale lo scrive il direttore. Il direttore lo stava anzi preparando quando stamattina è arrivata la scocciatrice per questa intervista (ridiamo).

D Infatti è tempo che io vada e la lasci proseguire! Grazie di cuore per la disponibilità e buon lavoro!